Prefazione di PAMELA MICHELIS
La raccolta di poesie di Paolo Faetanini si presenta in una doppia veste: gli stessi componimenti sono presentati in dialetto e nel loro corrispettivo italiano.
Non è raro scegliere la lingua che ci risulta più familiare per espri- mere il mondo che racchiude la nostra consapevolezza; sembra quasi che l’autore voglia dirci che si percepisce proprio in una dop- pia veste, una più ufficiale e una meno – in un certo senso – ma che il risultato è comunque dato dalla loro unione.
Dal vòlti am svegg te mez dlà nota, a vag ad la… tla’ cambra ad chi burdèll,
am mètt disdòi, te silenzi
ai guèrd…
dal vòlti is zcòr da par lòv… dal vòlti is mètt a ròid… dal vòlti um ven da piènz. (Dal vòlti)
Il dialetto, di solito, è la lingua dell’immediato, dell’espressione diretta, lo scegliamo per esprimerci quando vogliamo rafforzare il nostro intento comunicativo, o perché la comunità in cui viviamo lo vive come lingua primaria e dunque veicolante. Lo percepiamo come portatore di una sfumatura più intensa, più viva, più ricca, quella coloratura che percepiamo come più nostra.
Cla’ volta ca sem andè a Parigi te Museo d’orsay
a vdòi la mostra ad Van Gogh!
A so arvaènz a boca verta tot e temp ma che un bacalà… la lengua cla lapaeva
ta me port una bòcia d’acqua e tat ci mesa a ròid
– Bòi, che ma te tot sta maravèia la t’ asuga la gòula
(la maravèia)
Se all’orecchio di chi lo conosce trasmette dunque una familiarità, per chi invece non lo identifica come proprio arriva un messaggio ambivalente: da una parte di mistero e segretezza (abbiamo come l’impressione che si voglia comunicare qualcosa, ma non fino in fondo, o forse è proprio qualcosa di non immediato che ci voglio- no dire, ma non senza essere certi che prestiamo tutta la nostra attenzione e voglia di capire) dall’altra di non ancora ufficiale accettazione della nostra presenza.
Proprio per questo, però, alla versione in dialetto si aggiunge la traduzione in italiano, per non farlo sentire troppo distante ed ecco che il lettore vede confermate le sue ipotesi interpretative, con possibili sorprese e anche con un sorriso.
Al nòvli,
al frola a la sò, ia e smasìr,
ma che al noti maledi quant te la fèvra
um’paèr ad sontòili te Stòng, tal brazi, d’impartòtt. Parchè s’un temp acsè
I ven fura tot al delusiòn
e i pansìr Che t’avivti splòi
te prufond de maèr di ricurd
(Al nòvli)
La raccolta, dunque, si trasforma in una sorta di gioco culturale, un modo di impegnarsi, di attivarsi, per avvicinarsi e penetrare un mondo doppiamente sconosciuto, magari perché lontano e soprattutto perché di un’altra persona.
I tempi sono estremamente personali; c’è la famiglia, soprattutto i figli, elemento cardine della società, ma anche i genitori, i nonni. Si alternano all’evocazione di quei sentimenti che ci raggiungono nella notte, quando forse siamo più pronti ad ascoltare. Proprio la notte, tra l’altro, è un altro tema ricorrente, una vera e propria compagnia, sempre via e pronta ad accompagnare il poeta in un nuovo viaggio.
Una raccolta essenziale ma molto ritmica, questa di Paolo Faetanini, un cestino di primizie poetiche, tanto più di valore in quanto frutto di un doppio impegno, di scrittura e di emozioni.